Io suono

 

La musica dentro di noi

 

Credits: Johan Petti

 

I bimbi impiegano nove mesi per venire al mondo. Durante tutto questo tempo se ne stanno più o meno indisturbati nella pancia della mamma, in un ambiente con suoni ovattati, pulsazioni, fluttuazioni, modulazioni di frequenze e altri suoni di varia natura.

È la sinfonia delle origini della vita che forse riproduce ciò che potrebbe essere successo quando l’universo si preparava alla sua nascita.

Il primo segnale di vita del neonato è un grido.

Quello del mondo potrebbe essere stato qualcosa di simile e questo fa riflettere sulla natura universale del suono, sulla sua immanenza.

Prima ancora di fare esperienza della musica, intesa come fenomeno culturale, arte combinatoria e organizzata di vari fenomeni acustici, psico-acustici e semantici, la nostra vita suona e si sintonizza con l’ambiente circostante attraverso un continuo scambio di suoni prodotti da noi e suoni ascoltati provenienti dall’ambiente in cui viviamo.

I bimbi appena nati iniziano ad interagire col mondo circostante attraverso un linguaggio fatto di soli suoni, partendo dal cosiddetto madrese o maternese (una forma di comunicazione molto dinamica tra madri e figli nota anche come baby-talk o motherese in inglese) fino a forme man mano più complesse. Sebbene inintelligibili all’inizio, queste modalità ci ricordano che, prima ancora di organizzare il linguaggio in strutture codificate, è il suono che inizia a guidarci e farci orientare nella nostra vita.

E ci accompagnerà per sempre.

Il nostro corpo è la cassa armonica dove il suono viene generato, riverbera e viene percepito. Le ossa sostengono questa struttura armonica dove il cuore pulsa e scandisce il nostro ritmo, gli organi e i muscoli gorgogliano, borbottano, frusciano, il nostro respiro è il vento che produce la parola, l’urlo, il fischio, il canto. 

In generale il nostro corpo è uno strumento perfetto che ci ricorda che siamo naturalmente predisposti alla musica. Siamo esseri musicali e “suoniamo”.

 

Esiste un antagonista del suono?

 

Qualcuno potrebbe pensare che il silenzio sia l’opposto del suono. In effetti non è così.

Molto semplicemente, dal punto di vista fisico, il suono proviene dal movimento (più precisamente da una vibrazione) e tutto è in movimento, a partire dall’elettrone fino alle galassie, passando per il nostro corpo. 

Il suono è immanente come la vita. Il silenzio concettualmente è il risultato dell’assenza di movimento e quindi non esiste, è solo un’illusione umana.

Potrebbe essere inteso come una delle condizioni del suono. A tal proposito, il compositore americano John Cage, nei suoi pionieristici studi ed esperimenti sul silenzio, ha aperto porte incredibilmente interessanti sulla rivalutazione del silenzio come materia sonora di grande suggestione, che prepara e accoglie il suono: un invito all’ascolto del mondo partendo da noi stessi, consapevoli che tutto è in movimento, in trasformazione e l’uomo si evolve continuamente verso traguardi che non conosce ancora.

Il suono trascende la sola classificazione di fenomeno acustico e sconfina in vasti territori, alcuni dei quali confinanti tra di loro: scienza, mito, fenomenologia, simbolismo, filosofia, psicologia, medicina, dottrine spirituali e tradizioni religiose.

Solo per citare alcune fonti tra le ultime sopracitate, la Bibbia suggerisce che In principio era la Parola” e forse questa potrebbe essere una metafora che fa riferimento al primo effetto sonoro, all’emissione del primo suono assoluto che ha poi ordinato il mondo secondo la volontà di un Creatore.

Nell’Islam, è attraverso la potente suggestione del canto che il muezzin, dall’alto del minareto, richiama con la sua voce melodica e suadente il fedele alla preghiera.

Nell’Ebraismo, la musica dello shofar, un corno ricurvo di montone, ha lo scopo di svegliare le coscienze, rompere la barriere della prigione dell’Io e connettersi con l’Universo attraverso il suono, offrendo un ponte ideale tra l’Umano e il Divino.

Nell’Induismo la parola “Om” o “Aum” pronunciata durante l’esercizio della preghiera e della meditazione, viene utilizzata per sintonizzarsi con la vibrazione originaria (e quindi il suono) dell’universo e la realtà definitiva, oltre ad indicare le tre figure divine: Brahma (A), Vishnu (U) e Shiva (M).

Nel Buddismo Tantrico il suono assurge ad un simbolismo molto potente nella teoria della creazione dell’Universo. Il suono cosmico cosiddetto akasha sarebbe generato dall’unione mistica tra Shiva e Shakti. Secondo questa dottrina è il suono prodotto dalle vibrazioni del loro amplesso amoroso a generare l’universo.

Nel Taoismo cinese il suono viene utilizzato come catalizzatore di energie per riequilibrare il corpo. Secondo questa dottrina tutto vibra, anche gli organi, i muscoli e il sistema nervoso. Il nostro corpo conserva la memoria degli stati emotivi (alcuni dei quali potrebbero essere negativi) che potrebbero stagnare e degenerare in malattie che il suono può curare. Nel Taoismo il suono può essere associato ai diversi organi che si vuole trattare per migliorare la propria salute.

Secondo la mitologia degli Aborigeni australiani, durante il Tempo del Sogno i primi Antenati si svegliarono da un sonno lunghissimo disteso nell’immobilità del Tempo e pronunciarono “io sono!”. Iniziarono poi a vagare in giro cantando tutte le cose in cui si imbattevano e così, letteralmente avvolto in una rete di canto, il mondo fu creato. 

Cantarono lo spazio e il tempo e ciò diventò memoria. Questo suono originario che appunto evoca la creazione del mondo si è poi trasformato, nel lungo corso del tempo, in racconti tramandati sotto forma di canti, pressoché invariati nella melodia e nel testo, che le comunità aborigene trasmettono ai discendenti.

A tutt’oggi rimane questa l’unica e affascinante modalità di trasmissione di conoscenza di una cultura che non conosce tradizione scritta.

 

 

Il suono è la materia preziosa per costruire una delle più potenti espressioni umane: la musica.

 

La musica è il linguaggio attraverso cui l’uomo organizza i suoni nell’arte che li rende universali e trascendenti, riuscendo a trasmettere emozioni e sensazioni che riflettono la nostra profonda essenza. Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche in un suo aforisma ci ricorda che ”senza la musica la vita sarebbe un errore”.

In effetti sembra proprio che sia la musica a renderci umani e più delle altre arti condizioni profondamente il nostro vivere quotidiano, stimolando aree del cervello come quelle preposte al linguaggio o alla coordinazione motoria, ma anche zone profonde della nostra psiche dove nascono i nostri pensieri e le nostre emozioni, quelle belle come la gioia e quelle brutte come la paura.

Nel 2012 ho fatto un’esperienza che ricorderò per tutta la vita. 

Ero imbarcato come musicista di bordo su una nave da crociera. Il mio lavoro mi permetteva di viaggiare per il mondo e suonare il pianoforte e questa era la mia splendida routine. 

Questa nave, la Costa Concordia, la notte del 13 gennaio del 2012 ha colpito uno scoglio ed è naufragata al largo dell’Isola del Giglio, in Toscana.

Io mi sono salvato per miracolo e da quel momento la mia vita è cambiata radicalmente.

Riprendersi da quel trauma non è stato facile. Mi sono ritrovato improvvisamente da solo a scacciare i fantasmi di quella notte, le voci strazianti di chi era con me su quella nave, il dolore, lo shock. 

La memoria di quella notte infernale mi ha perseguitato per molto tempo ma, nel frattempo, c’è stato qualcosa che non mi ha mai abbandonato, qualcosa che ha costituito e rappresentato per me la più efficace forma di auto-terapia durante quel brutto periodo: la musica.

La musica mi ha riportato a galla, ha sostenuto e sospinto il mio essere mentre vacillavo tra ondate minacciose di depressione e ansia.

Nella mia seconda vita dopo quell’incidente, ho ripreso a suonare il mio piano, ho ritrovato  dentro di me il suono, la mia voce e un’immensa gioia di vivere.

 

Recentemente abbiamo tutti potuto constatare il potere miracoloso della musica.  

 

Quando il mondo si è improvvisamente imbattuto, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, nella crisi della pandemia causata dal virus COVID-19 ci siamo ritrovati tutti con le spalle al muro, in un profondo isolamento, impauriti e insicuri di fronte all’avanzata di un male che ha sorpreso l’intera umanità.

All’improvviso le città si sono spente, le strade svuotate, il mondo si è immobilizzato. 

Un sinistro mantello è calato su di noi e ci ha ammutoliti in una cappa irrespirabile. 

Soli, davanti a dei numeri di morte in crescita esponenziale, statistiche incomprensibili e uno strano vocabolario di termini mai sentiti prima, con cui abbiamo dovuto familiarizzare velocemente.

Le sirene delle ambulanze hanno squarciato in lungo e in largo la fitta trama di quel  sinistro mantello e per un bel po’ di tempo questo è stato il suono che ha rigato le nostre giornate come la punta di un coltello affilato.

L’umanità è discesa in un abisso, nelle profondità buie della sua notte.

Ci siamo ritrovati soli a vagare in lande desolate con la mostruosa immagine di quel virus mortale sempre davanti agli occhi.

Una paura ancestrale di alto simbolismo, dal momento che quel virus attacca proprio il nostro respiro, il soffio magico della vita.

Ma è a quelle profondità che abbiamo ritrovato qualcosa.

E questo qualcosa è un suono, quel suono che non cessa: pulsante, ostinato, forte.

Come il battito del cuore del mondo che si leva dal buio, dagli abissi remoti del nostro essere.

Siamo discesi in fondo a quella notte risalendo sospinti da un potente, arcaico vento che ci ha scaraventati sui balconi e sui tetti a cantare, a suonare, a battere le mani, i tamburi o le pentole per celebrare la vita e sostenere il morale di chi era impegnato nella lotta contro quel virus. 

Le voci si sono tuffate dai balconi e lanciate dai tetti per riempire con la gioia di vivere quel vuoto delle città.

È stata un’incredibile sinfonia collettiva, un immenso rito corale rappresentato spontaneamente un po’ ovunque nel mondo, senza barriere, senza lingue, solo musica. Un atto di solidarietà, empatia, amore, speranza, nonostante le gravi perdite subite a causa della tremenda aggressività del virus. 

Mentre la scienza si concentrava sulla ricerca affannosa di un vaccino, noi ci siamo ritrovati insieme nel suono e nella musica, isolati ma non soli su quei balconi, a cantare col cuore gonfio, la nostra voglia di vivere.

Nel frattempo un soffio potente iniziava a disperdere molto lentamente la fitta cappa discesa su di noi ad ammutolire le nostre vite. 

Quel potente soffio è la vita che ci attraversa e ci fa vibrare tutti, come splendidi e colorati fiori di campo mossi da brezze estive, come uccelli nell’estasi del volo in mezzo a correnti benevole.

 

E allora mi illuderò di credere nel silenzio, quell’angolo remoto in cui la vita ricaccia, col suo impetuoso vento sonoro, qualsiasi minaccioso virus.

E finché saremo qui noi suoneremo e altri lo faranno dopo di noi.

L’umanità tutta leverà sempre una sola voce: io suono.

 

Io suono la musica.

Io suono la vita.

 

Antimo Magnotta, speaker di TEDxPadova 2016