Robotics is not about robots: robotics is about humans
Sapete che le persone con disabilità possono controllare un robot attraverso i segnali cerebrali?
E che attraverso specifici dispositivi innovativi, come Brain-Computer Interface, protesi ed esoscheletri, atleti tetraplegici possono diventare piloti internazionali sfidandosi alle Cybathlon, competizioni internazionali per atleti con disabilità fisiche che si tengono ogni 4 anni, proprio come le Olimpiadi?
Tutto questo è possibile grazie alla Neurorobotica, una disciplina che permette di controllare e azionare dispositivi robotici tramite segnali neurofisiologici (cerebrali o muscolari). Tali segnali possono provenire ad esempio da persone affette da disabilità che non possono esprimersi attraverso i normali canali di comunicazione quali la parola o il movimento degli arti, a causa ad esempio di traumi che li hanno condotti a paralisi di varie parti del corpo.
Grazie alla Brain-Computer Interface (BCI), un’interfaccia uomo-macchina, è possibile attraverso una cuffia e appositi elettrodi non invasivi acquisire l’attività cerebrale tramite elettroencefalogramma e convertirla in azioni e movimenti compiuti da un robot, come accendere la luce, spostarsi nell’ambiente circostante, afferrare un oggetto.
Dopo una fase di allenamento, in cui viene richiesto all’utente di compiere alcuni task mentali per studiare i suoi ritmi cerebrali, come ad esempio immaginare un movimento delle mani o dei piedi, i segnali cerebrali vengono processati al fine di individuare alcuni elementi caratteristici chiamati pattern, che si sono attivati durante l’esecuzione del task. Tali pattern sono alla base di modelli, calibrati sulla singola persona, che permettono di identificare la reale intenzione dello specifico soggetto nel momento in cui emette il segnale. Il problema di queste interfacce è che il segnale è spesso disturbato e instabile nel tempo, ovvero è rumoroso. Ad ogni modo, una volta decodificata l’intenzionalità dell’utente, questa viene tradotta in un comando per il robot.
Per facilitare il controllo del dispositivo da parte dell’utente e per renderlo più efficace, si possono creare dei sistemi di intelligenza condivisa, che tengono conto sia dell’uomo che del contesto derivato dalla percezione del robot. Infatti, i comandi decodificati dalla BCI vengono combinati con gli algoritmi di intelligenza artificiale alla base del robot, che interpreta gli input dell’utente e li rielabora in base alla specifica situazione in cui si trova. In questo senso il robot può anche prendere delle decisioni in autonomia in situazioni di emergenza, ma in ogni caso l’uomo ha sempre l’ultima parola. In letteratura si utilizza la metafora del cavallo (Horse-metaphor), per suggerire il fatto che l’interazione uomo-robot dovrebbe essere simile a quella tra il cocchiere ed il suo cavallo, che allenta le redini quando vuole concedere più autonomia all’animale, ma che in qualsiasi momento può riprendere il controllo della situazione ed impartire dei comandi al cavallo.
Bambini, anziani e non solo. La neurorobotica migliora la vita delle persone
Un aspetto molto interessante è che robot di questo tipo possono essere controllati anche dai bambini. Lo ha dimostrato Gloria Beraldo, dottoranda del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova e Research Fellow presso il CNR-ISTC che, con lo IAS-Lab di Padova, sotto la supervisione dei prof. Emanuele Menegatti e Luca Tonin e in collaborazione con la Pediatria di Ferrara, ha permesso di far guidare un robot ai bambini attraverso la loro attività cerebrale. A proposito di bambini, Gloria Beraldo ha utilizzato in passato il robot umanoide Pepper, che è stato utile per distrarre i piccoli pazienti ricoverati presso la pediatria di Padova, come tecnica di supporto non farmacologica prima di un intervento invasivo.
Oltre a supportare persone con disabilità e bambini, i robot possono essere senz’altro d’aiuto anche per gli anziani, soprattutto in periodi di isolamento come quello che stiamo vivendo oggi, per tener loro compagnia, ricordare che devono assumere medicinali, aiutarli nelle faccende in casa o segnalare un incidente domestico. Di questo si stanno occupando in particolare Amedeo Cesta, vice Presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, e il suo team presso il CNR-ISTC.
Come abbiamo visto, quindi, la neurorobotica può migliorare la vita di moltissime persone perché il suo fine è proprio quello di supportare l’uomo attraverso una collaborazione virtuosa e non sostituirsi ad esso: infatti, “robotics is not about robots. Robotics is about humans”.
(Si ringrazia la dott.ssa Gloria Beraldo per il prezioso contributo)