“Che computer potente che hai” “È per istruirti meglio!”

 

Il lato oscuro del digitale

 

Potreste pensare di vivere senza PC e cellulari, senza essere connessi? Probabilmente no! Figuratevi se una tale ipotesi potrebbe mai essere presa in considerazione da bambini e ragazzi in età scolare! Del resto anche volendo, purtroppo, da un anno a questa parte tutti gli studenti sono stati costretti all’apprendimento online e quindi qualunque velleità di piena indipendenza da propaggini informatiche sarebbe comunque stata stroncata a priori. In fondo il digitale a scuola, ben prima dell’ultimo anno in cui noi studenti siamo stati costretti alla DAD, si era già guadagnato un posto di primo piano: se ne può dedurre quindi che esso sia sotto tutti i punti di vista un valore aggiunto in grado di migliorare i processi di apprendimento? Purtroppo non mancano ricerche scientifiche che sostengono il contrario e sarebbe quindi opportuno accendere i riflettori su questo problema aprendo un confronto chiarificatore tra esperti di neuropsicologia per accertarsi dell’efficacia e dell’innocuità di una esposizione costante a schermi di PC, portatili, tablet e cellulari imposta agli studenti.

I primi timidi e purtroppo poco noti segnali di avvertimento risalgono a diversi anni fa: nel 2011  il New York Times  (1) rivela per la prima volta che i figli di dirigenti e dipendenti di aziende giganti della  Silicon Valley come Google, Apple, Yahoo and Hewlett-Packard mandavano, e continuano tutt’ora a mandare, i loro figli in scuole dove la tecnologia è bandita e gli studenti usano inspiegabilmente strumenti fuori moda come penne e carta. Poco tempo dopo si scopre persino che figli di Gates e Zuckenberg  (2) vengono tenuti  il più lontano possibile dai dispositivi digitali anche a casa con una regimentazione dei tempi di utilizzo degli stessi molto severa. Strano, no?

Nel 2012 esce il primo libro dello psichiatra Manfred Spitzer sulla questione digitale (Demenza digitale) (3): il testo mette in luce non solo disturbi nell’apprendimento, ma anche danni cerebrali e stress a cui vanno incontro bambini e ragazzi che trascorrono troppo tempo al PC. Come mai? Lavorare con il digitale comporta una profondità di elaborazione limitata delle informazioni che si visualizzano sullo schermo: se si vuole ottenere un apprendimento profondo e duraturo occorre interagire in maniera diversa con il contenuto che si vuole acquisire e il digitale ostacola tale processo. Come se non bastasse, ci sono studi i quali dimostrano che con gli e-book si impara meno e che il multitasking fa registrare un abbassamento della concentrazione e dell’attenzione e di conseguenza un rallentamento delle tempistiche necessarie per passare da un compito all’altro.

L’allarme lanciato da Spitzer viene preso sotto gamba, ma i risultati di ulteriori ricerche non fanno che confermarlo. Già lo  Studio Pisa (4) pubblicato dall’OECD nel 2015 relativo alle variazioni delle prestazioni in matematica scienze e lettura dei 15enni di 60 paesi tra 2003 e il 2012 – non solo rivela che l’uso dei PC non fa registrare alcun beneficio nell’apprendimento, ma addirittura evidenzia un rapporto inversamente proporzionale tra investimenti in digitalizzazione nella scuole e prestazioni in matematica degli studenti: i paesi che hanno speso di più per il digitale vedono schiantare la preparazione dei loro ragazzi rispetto a quella di paesi in cui il digitale non è stato implementato.

 

 

Quando lo psichiatra tedesco torna alla carica con una nuova pubblicazione nel 2018 (Emergenza Smartphone) (5) non solo cita questo studio, ma raccoglie i risultati di una gran quantità di altre ricerche che dimostrano le numerosi insidie celate nai cellulari, come, per esempio, il fatto che la sola presenza del proprio smartphone durante l’esecuzione di un test faccia registrare una compromissione delle capacità cognitive, mentre, al contrario, la  proibizione del suo uso consenta di registrare un netto miglioramento dei risultati scolastici. Spitzer rivela, tra l’altro, un aneddoto curioso ma emblematico (6): nel 2018 in America un’agenzia finanziaria e un fondo pensionistico per insegnanti con investimenti in Apple per circa  2 miliardi di dollari hanno chiesto all’azienda di mettere a disposizione dei clienti programmi per facilitare controllo e restrizioni da parte dei genitori nell’uso dello smartphone allo scopo di ridurre rischio di effetti collaterali che potrebbero portare a salate richieste di risarcimento per la Apple, qualora gli inavveduti consumatori si accorgessero dei danni potenziali che questi dispositivi elettronici possono causare.

Vi è capitato di seguire dibattiti nei Media su questo problema recentemente? A me no. E mi sembra molto strano che il grande pubblico venga tenuto all’oscuro delle varie ricadute neuropsicologiche emerse nel corso degli anni a fronte di una spinta verso la digitalizzazione sempre più pressante. 

Dall’inizio del 2020 ad oggi moltissime ore di istruzione sono state veicolate online su varie piattaforme proprietarie che utilizzano i dati degli utenti per profilazioni di mercato: mentre ZOOM (7) e  GOOGLE (8)  possono monetizzare la DAD, quali effetti hanno potuto registrare le ricerche scientifiche sulle menti dei ragazzi in seguito all’e-learning forzato ed alla pressione costante ed esponenziale per digitalizzare sempre di più la scuola? Gli studi sulle conseguenze della sostituzione delle lezioni in presenza con video lezioni e dell’obbligo della connessione costante ad Internet per gli studenti, spesso anche per i più piccini, rivelano un quadro che dovrebbe essere seriamente preso in considerazione prima di decidere che la scuola, come la conoscevamo poco più di un anno fa, non potrà e non dovrà essere più rispristinata (9).

Il primo cambiamento a livello cognitivo di chi usa internet è una modifica negativa delle abilità di prestare attenzione che ostacola l’apprendimento consolidato (10).  Il flusso di informazioni online stimola l’attenzione divisa (cioè la capacità di prestare attenzione a più cose contemporaneamente)  a spese dell’attenzione sostenuta (cioè l’abilità di mantenere la concentrazione per un tempo piuttosto lungo): ovvero la necessità di spalmare contemporaneamente la nostra attenzione su più elementi danneggia la nostra abilità di mantenere la concentrazione per tempi lunghi, quindi ci si distrae più spesso. Poi, si verifica un’alterazione dei processi di memoria, cioè il modo in cui recuperiamo, immagazziniamo e persino valutiamo la conoscenza a cui siamo esposti subisce una modifica; infine, come si non bastasse, anche la nostra cognizione sociale, ovvero l’abilità del setting online di assomigliare e evocare processi sociali del mondo reale, di creare nuove relazioni tra internet e le nostre vite sociali, incluso il concetto che abbiamo di noi stessi e l’autostima, subisce un cambiamento.

Parecchi studi recenti  (11) purtroppo confermano queste ipotesi, mettono in guardia contro i cambiamenti funzionali che impattano l’attenzione, i processi di memoria e le abilità di cognizione sociale e aggiungono ulteriori pericoli indicando che, soprattutto nei bambini, l’esposizione ad uno schermo multimediale produce dei cambiamenti strutturali preoccupanti al cervello, come la riduzione del volume della corteccia con perdita di integrità nella regione della materia bianca:  tali alterazioni impediscono la competenza attenzionale, la velocità di elaborazione degli stimoli, l’intelligenza verbale e l’attenzione sostenuta. Inoltre, l’elaborazione di stimoli complessi, che includono elementi multimediali, grafici, testi ed animazioni, spinge verso il multitasking che, si riconferma, un ostacolo per la memoria a lungo termine (ovvero la capacità di ricordare ciò che abbiamo imparato anche molto tempo dopo lo studio). Una delle ragioni principali alla base di questi problemi è il sovraccarico della memoria di lavoro (che è quella in cui teniamo a mente le informazioni necessarie per eseguire un compito che dobbiamo portare a termine mentre lo stiamo facendo): tale sovraccarico, infatti,  blocca l’abilità di registrare, elaborare e ricordare le informazioni con accuratezza. Quindi il carico cognitivo, prodotto da un metodo di insegnamento che ricorre a più flussi di informazione e l’attenzione divisa hanno un impatto importante sulla comprensione, la prioritizzazione e l’elaborazione profonda dalle quali dipende il consolidamento delle informazioni nella memoria a lungo termine: di conseguenza quanto detto o insegnato grazie alla rete viene elaborato e compreso con difficoltà. Un discorso a parte sono poi tutti gli effetti dell’assenza del setting scolastico sulle abilità cognitive sociali come l’empatia, la capacità di fare squadra e le relazioni con i pari tra bambini.

Ora io mi chiedo: perché a fronte di ricerche scientifiche sul campo documentate e approfondite non si apre la possibilità di dibattiti e confronti coinvolgendo tutte le parti interessate, soprattutto genitori e studenti, per una valutazione approfondita di tutti gli elementi inquietanti che stanno emergendo? Perché ci si ostina a proclamare a gran voce l’inevitabile dipendenza dell’istruzione dal digitale senza prendere in considerazione le conseguenze, a volte anche allarmanti, rivelate da studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche? Perché tutto tace e si dà per scontato che l’unica e la miglior via da percorrere per la formazione dei futuri cittadini del nostro paese passi attraverso le rete? Sappiamo tutti come l’industria del tabacco abbia mentito e nascosto le prove dei danni da fumo per anni (12) prima di venire smascherata, conosciamo tutti la storia della supposta innocuità dell’amianto  (13) e i relativi processi che hanno visto contrapporsi gli interessi degli industriali a quelli della popolazione e dei lavoratori, tutti siamo al corrente che il DDT fu usato per decenni prima che suoi effetti tossici fossero riconosciuti (14): non sarebbe stato meglio evitare danni irreparabili? E’ così difficile imparare dal passato? La prudenza ed il principio di precauzione dovrebbero guidare sempre ogni atto umano suscettibile di potenziali conseguenze impreviste su altri esseri umani: non consentiamo che le scoperte sulle conseguenze di un eccessiva esposizione al digitale continuino ad essere tenute nell’ombra, accendiamo un riflettore su queste problematiche, informiamoci e chiediamo chiarezza. Un eccesso di prudenza farà sicuramente meno danni di troppa leggerezza.

 

Eric Barbizzi, speaker di TEDxPadova 2019

 

 

  1. https://www.nytimes.com/2011/10/23/technology/at-waldorf-school-in-silicon-valley-technology-can-wait.html
  2. https://www.entrepreneur.com/article/319288 
  3. https://www.google.it/books/edition/Demenza_Digitale/HaZuAQAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&printsec=frontcover 
  4. https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/9789264239555-en.pdf?expires=1619544212&id=id&accname=guest&checksum=D9328546135164A9903E57AD3B678108 
  5. https://www.google.it/books/edition/Emergenza_smartphone/kGitDwAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&printsec=frontcover 
  6. http://shareholderforum.com/access/Library/20180107_WSJ.htm 
  7. https://www.cbsnews.com/news/zoom-app-personal-data-selling-facebook-lawsuit-alleges/ 
  8. https://www.eff.org/it/deeplinks/2020/03/google-says-it-doesnt-sell-your-data-heres-how-company-shares-monetizes-and#:~:text=Google%20monetizes%20what%20it%20observes,to%20bid%20on%20individual%20ads
  9. http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/la-variante-ci-ha-costretti-a-chiudere-la-dad-restera-anche-dopo-il-covid.flc 
  10. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6502424/
  11. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7357501/ 
  12. https://truthinitiative.org/research-resources/tobacco-prevention-efforts/5-ways-tobacco-companies-lied-about-dangers-smoking 
  13. https://www.scienzainrete.it/articolo/amianto-e-salute-lungo-inganno/pier-mannuccio-mannucci-margherita-fronte/2013-06-04 
  14. https://curiosando708090.altervista.org/gli-oggetti-del-nostro-passato-ddt/