Disconnessioni relazionali
Rapporti sociali, identità e dignità nell’era digitale
Nel suo “Zelig” del 1983, Woody Allen fa affermare a Leonard, un uomo in grado di assumere le sembianze e il carattere di quanti incontra: “Vorrei essere tante persone, forse un giorno questo si avvererà“.
Di lì a poco, il World Wild Web ha iniziato a rivoluzionare le nostre vite e in Italia ha fatto il suo ingresso ufficiale nell’aprile del 1986 grazie a un team di ricercatori di Pisa impegnati in un progetto del CNR (Centro Nazionale di Ricerca) di calcolo elettronico.
Quel giorno, l’università di Pisa si mise in contatto con la stazione satellitare di Roaring Creek, in Pennsylvania, grazie al “Butterfly Gateway”, un computer chiamato come una farfalla ma dalle dimensioni di un grande armadio. In Europa, l’Italia è stata il quarto Paese ad accedere alla rete.
In soli trent’anni i cambiamenti sono stati molti e veloci, così come avviene in tutto ciò che riguarda l’era tecnologica che stiamo vivendo, e i computer si sono rimpiccioliti a tal punto da poterli non solo posizionare sulle nostre scrivanie ma anche da permetterci di portarli sempre con noi. Internet, poi, è accessibile da ogni luogo e da molti device, primi fra tutti i nostri smartphone: a portata di tasca, quindi, oltre che di mano.
Ma come ha inciso la diffusione di Internet nelle nostre vite e quali cambiamenti ha apportato, soprattutto nel nostro modo di pensare e nella nostra identità?
Un salto nella storia
Per rispondere a questa domanda devo fare un passo indietro e arrivare fin nella Preistoria. Più che di un passo si tratta di un grandissimo salto, lo so, ma è necessario per capire quanto, le nuove tecnologie, abbiano cambiato il concetto e la percezione stessa di spazio e di tempo, agendo anche sulla nostra identità e sul nostro modo di vivere.
A differenza dei tempi che stiamo vivendo, la Preistoria può essere considerata una No information and Comunication Technologies, un’era cioè in cui non esistevano tecnologie per tramandare e condividere il sapere.
Più tardi, nella Storia, grazie al linguaggio scritto è stato possibile iniziare a registrare il presente a vantaggio di uno sviluppo futuro, mediante l’utilizzo dapprima dei papiri, delle pergamene e delle tavole, e poi dei libri. Tutto ciò era considerato come supporto al sapere e alla volontà di scambiare informazioni utili allo sviluppo di nuovo sapere.
Quello che oggi cambia è proprio la relazione con la tecnologia, la quale diventa sempre più una necessità e non solo un supporto. Tutti noi dipendiamo dalle ICTS (Information and Communication Technologies) e questa relazione di necessità è proprio la caratteristica fondante della nostra era: l’Ipestoria.
Cosa cambia quindi nella concezione del tempo di un uomo dell’Iperstoria rispetto a quella di un uomo della Preistoria?
L’uomo preistorico non possedeva il concetto di tempo e nemmeno quello di soggetto, inteso come sub-jectus foucaultiano. Nella Storia, diventa consapevole di essere protagonista della stessa ed inizia ad elaborare idee in merito al tempo (lineare, circolare, finalistico o stocastico), cominciando ad inseguire un’idea di evoluzione.
Oggi, il tempo della Storia ci ha come ingurgitati. Siamo entrati dentro di esso creando una nuova spazialità: l’infosfera.
Se l’uomo preistorico si serviva degli strumenti realizzati con le sue stesse mani per adattarli ai suoi bisogni, noi oggi adattiamo le nostre vite alle macchine, le quali sono esse stesse in grado di modificare il nostro stile di vita e le nostre relazioni.
Riflettete per esempio su cosa è cambiato con la creazione di una lavastoviglie. Un tempo, ci si divideva i compiti: io lavo, tu asciughi, e durante quella operazione, stando a stretto contatto, si creava un’occasione di comunicazione e socialità, arricchita da una particolarità fondamentale e oggi sempre più lontana: la presenza.
Una presenza fatta di sguardi, di colore e cambiamenti del timbro della voce, gesti e movimenti del corpo, una meravigliosa macchina di comunicazione che parla da sola, anche senza usare le parole. Ecco: l’invenzione della lavastoviglie ha decretato la morte di questo momento, così come tante nuove invenzioni tecnologiche hanno fatto con numerosi altri nostri modi di comunicare e di agire.
Ci troviamo di fronte a una metamorfosi nel rapporto tra uomo e mondo, e questo rappresenta una nuova rivoluzione, così come lo è stato il passaggio dalla Preistoria alla Storia, ma con effetti totalmente differenti.
Gli effetti delle nuove tecnologie
Secondo Stefano Rodotà, il primo garante della privacy italiana morto nel 2017, “la tecnologia libera la vita da antiche schiavitù, quelle dello spazio e del tempo“.
Internet non rappresenta solamente il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia mai conosciuto, ma anche un luogo in cui la vita cambia qualità e colore e in cui è possibile l’anonimato e la moltiplicazione delle identità. Ed è in questo passaggio che si avvera la profezia di Woody Allen, in quanto in rete ciascuno di noi può davvero assumere caratteri e sembianze diverse in base a chi conosce e diventare “uno, nessuno e centomila”, come scriveva Luigi Pirandello.
“La trasformazione tecnologia influisce sui cambiamenti dei diritti civili e politici, ridisegna il ruolo dei poteri pubblici, muta i rapporti personali e sociali, e incide sull’antropologia stessa delle persone” (Rodotà, 2005).
La domanda, a questo punto, è se Internet abbia effetti negativi o positivi sul nostro modo di pensare e di agire. Dalla sua nascita ad oggi, numerosi ricercatori hanno tentato di dare una risposta a questa domanda, ma il quesito sembra ancora insoluto, in quanto gli studi al momento sono perfettamente equilibrati sia nel sottolineare gli aspetti negativi che nel sostenerne quelli positivi.
Cosa cambia con le nuove tecnologie
L’uso dei Social Network ormai ha invaso il mondo. Solo in Italia, sono circa 25 milioni le persone che utilizzano Facebook, 9 milioni accedono a Twitter e più di 10 milioni utilizzano Badoo, il social creato per trovare partner.
Le nuove tecnologie sono seducenti, ma mettono in mostra la nostra vulnerabilità umana. La frequentazione dei social parte spesso da un senso di solitudine che vuole essere colmato ma che mostra anche quanto in realtà sia forte la paura dell’intimità, quella dimensione che le macchine ci hanno sempre più negato e con la quale oggi non abbiamo più confidenza. Le connessioni digitali ci offrono invece l’illusione della compagnia senza l’impegno dell’amicizia e le alternative della comunicazione faccia-a-faccia, riducendo o addirittura annullando il contatto umano.
Se lasciamo che la tecnologia costruisca la nostra intimità, le nostre relazioni si ridurranno a semplici connessioni, la cui supremazia può generare ansia da disconnessione. È del 1998 lo studio della statunitense Kimberly Young che ha documentato una forma di dipendenza da Internet oggi a molti nota come IAD (Internet Addicted Disorder) e che ha gli stessi sintomi di una qualsiasi dipendenza da sostanze stupefacenti.
Nuove tecnologie e nuovi stili di vita
Prima che Internet entrasse così prepotentemente nelle nostre vite, ognuno di noi apparteneva a una quantità di reti: familiari, lavorative, scolastiche, associative… ognuna di queste reti ha dei segni di riconoscimento e delle regole ben precise che definiscono le relazioni tra chi ne fa parte.
Con l’avvento di Internet e dei Social Network, queste regole sono cambiate. La gestione della comunicazione all’interno delle reti di cui facciamo parte, che possono essere per esempio un gruppo su Facebook o una mailing list, è diventata molto più rapida, economica ed efficiente rispetto a una catena di telefonate.
Attraverso la rete possiamo restare facilmente in contatto con persone che probabilmente avremmo perso di vista, come i compagni di scuola o un gruppo di persone conosciute in vacanza. In tal modo, riusciamo a ridurre il costo del mantenimento dei legami sociali “deboli”.
Inoltre, possiamo cercare persone che non conosciamo ma delle quali possiamo subito apprendere passioni e interessi da condividere, creando nuove reti all’interno delle quali possono nascere nuove amicizie e amori.
Le nuove tecnologie ridisegnano i paesaggi della nostra vita emotiva, ma un’altra domanda che dovremmo porci è: quanto, le nuove tecnologie, ci offrono davvero la vita che vogliamo vivere?
Bisognerebbe in tal senso ragionare in termini di consapevolezza, ovvero riuscire a riconoscere gli aspetti positivi che la rete ci può offrire ma anche a individuarne i pericoli.
È indubbio, infatti, che la rete agevoli e velocizzi le attività umane in molti ambiti, producendo vantaggi economici e ambientali. Allo stesso tempo sostiene, migliora e potenzia la socialità, la ricerca di informazioni e la gestione di numerose incombenze.
Le interazioni online stanno sempre più prendendo il posto dei gruppi di quartiere, trasformatisi in reti sociali. Un giusto autocontrollo e l’autoregolazione può far sì che tutto ciò non intacchi in modo significativo l’esigenza di interazioni faccia-a-faccia, i contatti fisici e i legami interpersonali.
In tal senso, ci possono venire in aiuto le tecniche di mindfulness, in modo da allenare la nostra attenzione sul presente, permettendoci di essere vigili e presenti senza rischiare di crearci un mondo che non esiste e al quale non potremo mai appartenere.
Il mindfulness è soprattutto consigliabile ai giovani ma anche agli adulti che non riescono ad autoregolarsi e che quindi sono maggiormente sottoposti al rischio di un utilizzo problematico di Internet. Un uso disfunzionale della rete può infatti depotenziare le numerose opportunità che essa può offrire.
L’analfabetismo del pluri-verso
La verità è che tutti noi ormai viviamo in uno spazio digitale del quale ci accorgiamo solo nel momento in cui manca una connessione. È come se ci fossimo rimpiccioliti, come faceva Alice per entrare in un mondo parallelo.
Viviamo in un pluri-verso, molto differente dall’universo conosciuto dall’uomo primitivo e fino a circa trent’anni fa. E di questo pluri-verso, siamo tutti un po’ analfabeti.
La vera consapevolezza, a questo punto, sta nel comprendere che il resto della Storia sarà digitale, almeno fino a quando nuove scoperte, al momento non prevedibili e vicine alla fantascienza, non arriveranno nuovamente a stravolgere le regole.
Vi è in atto una metamorfosi nel rapporto tra uomo e mondo, e questa è considerata come la quarta rivoluzione nella storia. Con Copernico l’uomo ha perso la propria centralità nell’Universo, mentre Darwin ci ha fatto capire che non siamo al centro della biosfera. Cosa restava, a quel punto? Non restava che la nostra identità, ma a un certo punto è arrivato Freud, il quale ci ha convinto che in realtà nemmeno noi sappiamo cosa siamo e cosa vogliamo. L’unica cosa a cui ci siamo potuti aggrappare, dopo questa affermazione, è stata la convinzione di essere al centro dell’azione, ma abbiamo scoperto che le macchine possono sostituirsi a noi e che non siamo nemmeno più al centro dell’infosfera.
E allora, cosa ci rimane ancora? La dignità. La possibilità di fare delle relazioni il nostro nuovo centro, piuttosto che esserne noi i protagonisti. Se voi, insieme al vostro partner, vi tirate fuori dal centro, sapete cosa resta? L’amore. Se due amici si tirano fuori dal centro, resta la loro amicizia.
La nostra vera identità è identità di relazione. L’uomo non è un’eccezione nel complesso sistema del pluri-verso, ma è eccezionale, e questa eccezionalità sta nella sua capacità di creare rapporti con gli altri essere umani.
È questa eccezionalità che deve essere salvata, tutelata e protetta, perché estremamente connessa con la dignità umana.
Gerry Grassi, speaker di TEDxPadova 2020