Greenwashing: riconoscerlo e non farsi ingannare

 

La percezione dell’impatto ambientale di ognuno di noi, dei nostri stili di vita e abitudini di consumo è una consapevolezza che sta crescendo sempre di più negli ultimi anni, rendendoci tutti molto più attenti ai nostri gesti quotidiani per renderci sempre più green.

Oltre ad azioni come limitare l’uso di auto in favore di bici e mezzi pubblici, prestare attenzione agli sprechi di risorse coma acqua ed energia elettrica nelle nostre case, attuare una corretta raccolta differenziata, una parte importante della nostra impronta ecologica riguarda i beni di consumo che acquistiamo ogni giorno.

Alcuni piccoli brand sono stati fin dai loro albori precursori e promotori di una nuova sensibilità ecologica, con intere gamme di prodotti dichiaratamente eco-friendly.

Coscienti di questa nuova consapevolezza tra i propri consumatori, anche molte grandi aziende hanno iniziato da alcuni anni una rivoluzione dei propri processi per rivedere in chiave ecologica beni e servizi, siano essi abbigliamento, food, benessere, tecnologia o design, cercando di limitare gli effetti inquinanti con l’obiettivo ultimo dell’impatto zero.

Ovviamente tutte queste realtà, grandi e piccole, sono molto attive nel comunicare la propria direzione ecologica e nel coinvolgere il consumatore a scelte più sostenibili, dando vita al filone del Green marketing.

Sembrerebbe quindi una situazione win-win in cui produttore e fruitore sono entrambi orientati alla tutela dell’ambiente e disposti a lavorare attivamente, ognuno con i propri mezzi, per raggiungere l’obiettivo comune della salvaguardia del nostro pianeta.

Purtroppo, non è tutto rose e fiori nemmeno quando si parla di scelte verdi: a un’analisi più approfondita sono infatti moltissimi i brand che si limitano a un ecologismo di facciata, il cosiddetto greenwashing.

 

Una forma di pubblicità ingannevole che viola il diritto dei consumatori

 

Questo termine fu utilizzato per la prima volta nel 1986 dall’attivista statunitense Jay Westerveld per descrivere la pratica di alcune catene alberghiere che invitavano i propri clienti a limitare l’uso di asciugamani puliti facendo leva sull’impatto ambientale del lavaggio, quando invece la loro motivazione primaria era limitata al risparmio economico dei servizi di lavanderia, senza preoccuparsi di attuare realmente scelte ecologiche per quanto riguardava tutti gli altri fattori inquinanti presenti nel loro business.

La parola greenwashing è infatti un neologismo formato dalla fusione dei vocaboli green (il colore simbolo dell’ecologismo) e whitewash (imbiancare nel senso di nascondere, insabbiare); è la pratica da parte di alcune aziende di diffondere informazioni false o fuorvianti riguardo presunti comportamenti sostenibili senza però fornire dati e informazioni che li comprovino, al fine di attirare quella parte di consumatori più attenta ai temi ambientali e contemporaneamente cercando di distogliere l’opinione pubblica dai loro processi inquinanti.

Si tratta quindi di una forma di pubblicità ingannevole, volta al mero beneficio economico delle società in questione, senza che vengano realmente attuate azioni concrete per la salvaguardia ambientale; la stessa Commissione Europea svolge annualmente indagini su questa pratica che è considerata abuso comunicativo che viola il diritto dei consumatori dell’Ue.

 

Come riconoscere il greenwashing?

 

Da consumatori sempre più attenti alla sostenibilità, come possiamo quindi riconoscere questa pratica scorretta, e scegliere consapevolmente i prodotti verdi per davvero?

Esistono alcune accortezze che ci possono aiutare:

  • Non lasciarsi abbagliare dal packaging: non basta che sia nei toni del verde e del marrone, con immagini suggestive che rimandano alla natura per riflettere l’effettivo impegno del brand a limitare, per esempio, l’inquinamento dato dagli imballi.
  • Verificare il possesso da parte dell’azienda di certificazioni ambientali riconosciute a livello internazionale. Alcuni brand si autoproclamano eco-friendly o a impatto-zero e inseriscono questi titoli a mo’ di garanzia, ma si tratta di verifiche che devono essere svolte da enti certificatori esterni e imparziali per essere veritiere.
  • Prestare attenzione quando incontriamo slogan green che però contengono informazioni vaghe e approssimative, o al contrario eccessivamente tecniche tanto da essere incomprensibili, e che sono in contraddizione con altre attività svolte dalla stessa azienda.
  • Diffidare da brand che spostano l’attenzione sull’ecosostenibilità del singolo dettaglio di un prodotto o di una linea, senza dare spiegazioni sull’intero ciclo di vita della produzione: dalle materie prime, alla manodopera, al trasporto, al packaging, fino allo smaltimento.

Non si tratta di informazioni sempre semplici da reperire, e anche l’occhio più allenato potrebbe essere tratto in inganno. Inoltre, il nostro shopping rischia quasi di diventare un secondo lavoro se dobbiamo dedicare tutta la nostra attenzione a schivare il greenwashing dietro l’angolo.

Fortunatamente, ancora una volta ci viene in aiuto la tecnologia, e in particolare il nostro inseparabile smartphone.

 

 

Negli ultimi anni sono state infatti sviluppate app che fanno il “lavoro sporco” per noi: è sufficiente scaricarle prima di recarsi in negozio, inquadrare il codice a barre del prodotto scelto, e in pochi secondi avremo la lettura dell’etichetta, con tutte le informazioni circa la reale sostenibilità del prodotto e/o del brand.

Al momento le più famose sono gratuite, diversificate per settore e per lo più dedicate all’abbigliamento e ai prodotti beauty. Grazie al loro database che si arricchisce continuamente di informazioni aggiornate, anche tramite le segnalazioni degli utenti stessi, sono in grado di darci una valutazione (che può essere espressa con un giudizio o su una scala da più a meno verde) sulla reale sostenibilità di ciò che acquistiamo.

Diventa così molto più semplice fare azioni green anche nel nostro piccolo, promuovendo attraverso le nostre scelte quel cambiamento che tutti vogliamo vedere.

 

Sara Minante, Volontaria TEDxPadova