L’era dei Werables quando anche il sonno diventa smart


 

Mediamente ognuno di noi trascorre un terzo della propria giornata dormendo

 

Il sonno ricopre un ruolo così importante da meritare persino l’istituzione di una giornata mondiale a lui dedicata, celebrata ogni secondo venerdì di marzo a partire dal 2008.  Al giorno d’oggi dormire bene sembra però un miraggio: la quotidianità frenetica, dominata da ritmi incontrollabili, ansia, e stress porta la maggior parte della popolazione a soffrire di disturbi del sonno, uno tra tutti l’insonnia. La domanda sorge dunque spontanea: come migliorare la qualità del sonno in maniera facile ed efficace?

È l’avvento dei wearables, termine smart per indicare qualsiasi tecnologia indossabile, a fornire la soluzione cercata ormai da qualche anno.  Si chiamano Sleep Trackers, e sono una delle novità hi-tech più in voga del momento, poiché promettono di controllare il sonno minuto per minuto, nonché di migliorare la qualità del nostro riposo. Nello specifico, si tratta di semplici braccialetti da polso che, una volta sincronizzati a computer, tablet o smartphone, permettono di raccogliere una serie di informazioni sulla durata del sonno e della veglia, movimenti notturni, nonché sul tempo trascorso svegli prima di addormentarsi. Ogni sleep tracker è dotato di particolari sensori, ovvero accelerometri e giroscopi, che permettono di tracciare ogni singolo movimento compiuto. Tutti i dati raccolti vengono poi elaborati da algoritmi interni al dispositivo che, sulla base di parametri definiti da esperti, stabiliscono se l’individuo è sveglio o sta dormendo, valutando anche il tempo speso in ognuna delle fasi del sonno. Ma non finisce qui: modelli più avanzati permettono di analizzare battito cardiaco, frequenza del respiro, offrendo informazioni su quanto e se si russa, e come si respira, evidenziando eventuali stati di apnea notturna. Inoltre la presenza di rilevatori di luce, rumore, umidità e temperatura consente di analizzare l’ambiente di riposo.  

Insomma… basta indossare lo sleep tracker al polso prima di andare a dormire per ottenere tutte informazioni chiave sulla a bontà del nostro riposo e aiutarci a migliorarlo! 

 

Ma possiamo davvero fidarci di un braccialetto? 

 

Studi recenti hanno evidenziato come questi dispositivi tendano a sovrastimare la durata del sonno anche più di un’ora. Se il soggetto infatti è sveglio ma rimane immobile il braccialetto, essendo legato al polso, non registra alcun movimento, scambiando uno stato di veglia per uno di sonno profondo. Viceversa, normali movimenti notturni, ad esempio dovuti al girarsi nel letto, possono essere interpretati come un risveglio. Anche il movimento di ci dorme accanto a noi può interferire nel funzionamento del dispositivo. Inoltre gli sleep trackers possono scambiare facilmente il sonno profondo con quello leggero. Tra i problemi minori è infine emersa l’incapacità di individuare i pisolini giornalieri: molti soggetti, possono avere un battito cardiaco lento di natura, e un semplice momento di relax sdraiati in divano a guardare un bel film è presto scambiato con un sonno profondo.  

Non è però solo l’attendibilità, talvolta limitata, a minarne l’efficacia. Una recente indagine del Journal of Clinical Sleep Medicine ha sorprendentemente rivelato che gli sleep trackers possano in realtà peggiorare la qualità del nostro riposo. Questi braccialetti sembrano indurre uno stato di ansia, chiamato ortosonnia, che spinge chi li utilizza regolarmente a voler per forza a perfezionare la qualità del proprio sonno, proprio sulla base degli indicatori forniti dal dispositivo. Secondo la ricerca, gli utenti entrano in una sorta di circolo vizioso, per cui l’ossessione dei dati letti al risveglio, anche se non veritieri, inducono uno stato di agitazione e malessere tali nel soggetto a portarlo a cambiare le proprie abitudini di riposo, passando da un sonno già buono ad uno cattivo, considerato però ottimale dal dispositivo. 

Sia chiaro, l’intento di questi studi non è affatto un’operazione anti marketing volta a boicottare l’acquisto e l’utilizzo di questi strumenti così promettenti, bensì un invito ad un utilizzo più cauto e coscienzioso. Gli sleep trackers non sono un dispositivo medico, non offrono diagnosi né cure, ma ciò non significa che non possano essere usati per monitorare, seppur in maniera indicativa, quanto e come dormiamo. Il sonno è un’attività complessa, per certi versi ancora misteriosa, e un’analisi di precisione necessità di medici specializzati e tecniche ad hoc, come la polisonnografia. 

Usiamoli dunque, ma usiamoli al meglio… per un sonno meno smart, ma più responsabile!

 

Chiara Celin