Piacere e felicità

 

Piacere e felicità sono due emozioni che interessano da sempre umanisti e scienziati. Esse pur assomigliandosi molto tra loro, sono in realtà diverse. La parola emozione deriva dal latino emovēre, “tirar fuori”. Piacere deriva dal latino placēre che significa sensazione gradevole. Felicità, infine, deriva etimologicamente dalla parola latina felicitas che, a sua volta, deriva da fella, una sempre antica, ma più antica, che significa mammella. Per descrivere la felicità spesso si ricorre all’immagine di una mamma che allatta il proprio bambino, avvolgendolo in un abbraccio amoroso. Da un lato due mammelle piene di latte, che pregustano il piacere di svuotarsi nel piccolo stomaco del proprio bambino, che a sua volta pregusta di piacere di “sapere” che a breve sarà sfamato.

 

Piacere e felicità possono confondersi tra di loro ma il substrato neurobiologico che ne determina l’insorgenza è assai diverso. Il piacere, mediato dal neurotrasmettitore dopamina, è apparso come risposta al bisogno di mangiare, di bere e di riprodursi sessualmente, tre funzioni fondamentali per garantire la sopravvivenza del singolo e della specie. Esso può raggiungere una forte intensità, ma dura poco, non è mai appagante e solitamente viene esperito in solitudine.

La felicità, il cui significato profondo si esaurisce nella metafora sopracitata, passa invece attraverso un altro neurotrasmettitore, la serotonina. Ma, per essere felici bisogna essere almeno in due per poter dare e ricevere. La felicità non raggiunge l’intensità del piacere, ma è più duratura ed appagante.

 

Un like ottenuto su un qualunque social network genera piacere, non felicità, in quanto illude che vi sia una controparte che invece è virtuale. Per questo neanche centomila like potranno eguagliare la felicità di due persone innamorate.

 

Negli ultimi decenni, numerose industrie hanno elaborato strategie raffinate per stimolare il piacere “da dopamina” creando un sempre maggiore senso di non sazietà determinando in gran parte del genere umano una tristezza sempre più profonda. I nostri giovani sembrano subire il fascino dell’ “incantesimo” di un potente e astuto Pifferaio magico, figura comparsa durante un’epidemia di peste del XIII secolo. La peste di questo secolo sembra stia inesorabilmente trascinando una quantità infinita di cervelli non più nel fiume, come avvenne nella favola dei fratelli Grimm, ma negli onnipresenti centri commerciali. Ce la faremo ad arrestare questo processo? Noi intendiamo provarci assolutamente costi quel che costi.

 

Luigi Gallimberti, speaker di TEDxPadova 2018