L’intelligenza emotiva e l’incontro con l’altro

 

Negli ultimi decenni è esplosa la tematica dell’intelligenza emotiva

 

Eppure, forse, molto di noi, non sanno quando è stata coniata questa espressione e perché è importante in relazione alla nostra quotidianità?

Partiamo dalla definizione: il concetto di intelligenza emotiva è stato introdotto per la prima volta da Peter Salovey e John D. Mayer nel loro articolo “Emotional Intelligence” pubblicato nel 1990. Questa coppia di psicologi Americani definiva l’intelligenza emotiva come un set di abilità che permetteva di riconoscere, regolare e utilizzare le emozioni proprie, e degli altri, con il  fine di motivare, pianificare e realizzare la propria  vita.  In Italia il concetto di ‘intelligenza emotiva’ è diventata popolare nel 1997, grazie all’uscita in Italia del libro “Intelligenza Emotiva” di Daniel Goleman. Lo scrittore, psicologo e giornalista Americano descrive questo tipo di intelligenza come un insieme di competenze o caratteristiche fondamentali per affrontare con successo la vita: autostima, autocontrollo, entusiasmo, perseveranza e capacità di automotivarsi. Qualche anno dopo, nel 2008, lo scrittore e filosofo di origine Svizzera Alain de Botton sente la necessità di contribuire al soddisfacimento di un bisogno secondo lui non appagato della società e fonda a Londra la School of Life, una scuola di educazione emotiva. Alain de Botton, assieme a un pool di psicologi e collaboratori vari, offre un luogo dove poter seguire percorsi di terapia individuale, partecipare a serate di formazione e riflessione applicando la filosofia del passato alla quotidianità e usando la psicologia come strumento per comprendere noi stessi e gli altri, al fine di migliorare le relazioni e la gestione delle emozioni. Oggi, la School of Life è un’organizzazione Internazionale con sedi in Europa, Sud America, Asia e Australia.

Ma tutto ciò che relazione ha nella nostra quotidianità?

 

Siamo ormai consapevoli che la società odierna è estremamente complicata. Il progresso tecnologico prosegue senza sosta ma questo non ha risposto a tutti i bisogni delle persone che continuano a sentirsi sole e confuse seppur iperconnesse. A differenza del passato, in cui si nasceva in una determinata condizione sociale e si era quindi “unfortunate” oggi, grazie alla meritocrazia, ognuno di noi dovrebbe poter raggiungere i vertici della società indipendentemente dalla propria condizione di nascita. Questa pressione sociale ha sostituito il concetto di “unfortunate” con quello di “looser” per definire chi, nonostante tutto, non ce la fa. In questo scenario i beni materiali diventano la conferma sociale del raggiungimento del successo ma, celano anche il nostro desiderio di sentirci amati ed apprezzati dagli altri. La vera amicizia diventa quindi quella che permette la condivisione dei propri  fallimenti e vulnerabilità.  Conosciamo gli altri per quello che scelgono di dirci e spesso ci raccontano una versione di sé censurata e abbellita per rispondere a un modello vincente dettato dalla società, mentre, conosciamo ogni nostro pensiero, e lato oscuro sentendoci così alle volte diversi, sbagliati. Eppure spesso le paure e i pensieri sono gli stessi. Anche il romanticismo come la meritocrazia, pur essendo sulla carta un’idea bellissima, carica le nostre relazioni di aspettative che non sempre vengono soddisfatte.

 

Sviluppare l’intelligenza emotiva ci aiuta a negoziare con le imperfezioni nostre e della vita

 

Abbiamo costruito un mondo dove poter sfuggire dall’introspezione, dove non abbiamo più tempo da dedicare ai nostri pensieri e dove l’ozio non è più previsto.  Ma, in questa frenetica crescita verso il progresso tecnologico, dobbiamo trovare il tempo da dedicare allo sviluppo di questo tipo di intelligenza.  Dobbiamo educare i bambini perché diventino adulti non solo da un punto di vista anagrafico e di accrescimento di conoscenze, abilità e responsabilità ma anche  da un punto di vista emotivoDobbiamo formare persone in grado di riconoscere e gestire le proprie emozioni. Questo contribuirebbe a costruire una società fatta di individui più consapevoli e forse più felici.

Il motto di Socrate: «conosci te stesso» rimane sempre attuale e la base del nostro sviluppo emotivo.

 

Chiara Pradel